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Autore Bobby - il 5 giugno 1968
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 19-01-2007 22:15  
"Se un solo uomo dichiara e segue le proprie convinzioni, tutto il mondo si riunirà intorno a lui". Così sosteneva il senatore democratico Robert Kennedy in uno dei suoi discorsi. Emilio Estevez, uno dei volti nuovi di Hollywood, parte proprio da quel "mondo riunito intorno" al senatore per dipingere l'intricata tela del suo film. Bobby è un ombra, è il polo magnetico d'attrazione e di repulsa di tutta una serie di storie.
Storie che attorno al gran galà dell'hotel Ambassador - occasione in cui il sogno presidenziale del terzogenito della famiglia Kennedy si spense, incontrando i proiettili della pistola di un giovane squilibrato - ruotano, cercando il proprio momento di gloria, il proprio spazio al sole, o semplicemente un po' d'aria per respirare.
Un'ombra, dunque, quella di RFK, mostrato solamente in (lunghi) filmati d'epoca, allo stesso modo in cui Frears descriveva la sua Lady D, scelta etica, ancor prima che estetica, di una pellicola che tende, pur non volendolo, ad idealizzare l'ultimo vero rampollo di casa Kennedy come il migliore dei Presidenti possibili, l'unico che sarebbe stato in grado di indirizzare l'America in una ben precisa direzione nei turbolenti anni '70.
Estevez struttura la sua pellicola sulle attrazioni/repulsioni dei doppi. Tutte le storie che si dipanano tra il 4 e il 5 giugno del '68 nell'hotel Ambassador sono storie di coppie: il direttore e la moglie, il sovrintendente e l'impiegato, la diva e il marito, i due attivisti della campagna elettorale, l'ex impiegato e l'amico, e così via discorrendo. A loro volta i doppi si riuniscono e vanno a formare un unicum nel rapporto con la figura di Bobby. Un lavorio incessante sulle similitudini e sulle antinomie, che costituiscono il cuore pulsante di una pellicola dal retrogusto molto altmaniano, il cui gran finale coincide nel pathos della sequenza dell'uccisione, punto di forza di un film che altrimenti qua e là annaspa, volendo affrontare, tutti e subito, i grandi temi sociali e culturali che il '68 stava lanciando negli States.
Il tentativo un po' "di scuola" lo si intravede in certi piani sequenza morbidi tra i carrelli e gli scaffali della cucina, che ricordano molto lo scorsese anni '70/'80, e un'impostazione della colonna sonora a fare da sintesi tra le varie situazioni rappresentate di volta in volta, alla maniera di Altman o di Howard (si pensi a A Beautiful Mind).
Di Altman manca però il cinismo situazionista: Estevez ama i propri personaggi, li coccola, regala a (quasi) tutti la maniera di uscirne bene, concentrato più che sul loro lato umano, sul loro rapporto con la politica, con la società, partendo dai dettagli del quotidiano (un nuovo, capriccioso, paio di scarpe, una partita di baseball). Rischia perciò di lasciarsi andare al lirismo vagamente patetico, cercando di unire al meglio la storia personale, quella del senatore, e la descrizione dei "meravigliosi anni ‘60".
Un caravanserraglio di tipi umani, ai quali il pubblico è quasi costretto a legarsi, che procede disordinatamente, come d'altronde il film, fino alla toccante scena finale. L'omicidio non è rappresentato se non in maniera diretta. L'attenzione è su quella condizione di perdita (il perdersi fisico dei personaggi nella folla) di spaesamento, che seguì all'attentato, e che fu prodromo di tutta la stagione degli anni '70. E viene sottolineata dalla versione originale quasi integrale del discorso finale di Robert Kennedy, la sera della vittoria delle presidenziali in California, pochi istanti prima di cadere insanguinato sulle piastrelle della cucina dell'hotel Ambassador: "..Nonostante quello che succede negli Stati Uniti da tre anni a questa parte - e mi riferisco alle divisioni, alle violenze (...) di bianchi contro neri, di poveri contro ricchi, o di divisioni tra persone di diverse fasce d'età o ancora della guerra in Vietnam - sono convinto che possiamo lavorare tutti insieme. Siamo un grande paese, un paese altruista e compassionevole..."

pubblicata anche qui
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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pensolo

Reg.: 11 Gen 2004
Messaggi: 14685
Da: Genova (GE)
Inviato: 20-01-2007 11:05  
Sono sostanzialmente d'accordo con l'analisi di Petrus.

Il film ha indubbiamente buoni momenti..uno su tutti la scena in cui la Moore e la Stone discutono su come sia difficile per una donna invecchiare e che risulta nemmeno troppo vagamente autobiografica. In altri invece si perde alla ricerca di una lezione altmaniana non bene assimilata con alcune storie che sembrano messe lì solo per alleggerire il dramma con uno spruzzo di commedia (i due ragazzi che provano per la prima volta gli acidi).
La regia poi non brilla particolarmente per originalità...la camera è sempre molto attaccata ai personaggi..cerca coi primi piani di cogliere in loro un'umanità che non tutti gli attori riescono a conferire al loro personaggio.
Personalmente avrei scelto di non mostrare l'uccisione di Bobby ma di concludere il film prima..ma questa è una scelta che si può comunque perdonare ad Esteves..anche perchè il finale giustifica in parte tutto il film nonostante un pizzico di fastidiosa retorica solo parzialmente offuscata dal taglio antiamericano e antimilitarista della pellicola. E' chiaro che si parla di Vietnam ma si vuol parlare di Iraq. Alla fine però il messaggio arriva abbastanza chiaro e deciso.
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Bart,voglio condividere con te le tre massime indispensabili per andare avanti nella vita.N°1:"Mi raccomando coprimi" N°2: "Miticooo!Ottima idea capo" N°3:"Era già così quando sono arrivato io"

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 21-01-2007 08:40  
stupendo...

TRAMA : un albergo di lusso , il giorno delle primarie della California del 1968 , dove il candidato Bob Kennedy terra' una conferenza stampa serale per celebrare la sua probabile vittoria nello scrutinio dello Stato. Tra attesa e tensione dei suoi sostenitori per il risultato , veniamo a conoscenza nell'arco della giornata di storie personali di alcuni dipendenti dello staff alberghiero e di quello di Kennedy , paure , tensioni e piccoli problemi personali faranno da corollario a una giornata che entrera' tristemente nella storia...

Osservazioni : Davvero bello questo film di Emilio Estevez , figlio del qui presente Martin Sheen , dove politica e graffiante critica alla guerra del Vietnam si assommano a storie qualunque di normali cittadini , sia che siano dei Messicani che lavorano nelle cucine dell'albergo che delle alcolizzate e nevrotiche donne di successo. Un tappeto di stelle di giovani e vecchie star sono presenti al servizio di questo film celebrazione ( si segnala anche Anthony Hopkins qui in veste di produttore oltre che attore ) che utilizza la tecnica del documentario inserendo nella vicenda normale spezzoni di dichiarazioni di Kennedy , in maniera sublime in quanto lo sfortunato candidato alla Presidenza non appare mai rappresentato da un attore ma con la sua voce originale , sottotitolato e in televisione in filmati di repertorio. E quando brevemente si innesta nella vicenda dell'albergo , vengono inserite immagini di repertorio montate intervallando e innestandosi nel flusso di recitazione degli attori come se fossero nella vicenda storica. Un lavoro di montaggio egregio a dir poco, che in film di questo tipo con un cast di proporzioni cosi' vaste e di storie frammentate e' necessario e fondante per una resa filmica di valore riferita al tipo di storia.
Estevez usa la vicenda di Bob Kennedy per criticare la guerra in Vietnam , le folli spese per sostenerla e i sacrifici umani necessari per combatterla.
Nessuno dei protagonisti vede il Nam come una causa ideale e nobile, tutti ne rifuggono se possono e usano qualunque mezzo per riuscire a non entrare in quell'inferno. Memorabile la scena dell'apertura dell'armadio con la finestra sui bombardamenti , dove il viaggio-trip si trasforma in un ritorno agli albori della necessità umana basilare del vivere ( la lettiera del gatto che diventa una sorta di humus intellettivo per l'uomo nudo e primordiale ) alla riscoperta di valori perduti che solo liberandosi delle pastoie del mondo moderno sono capibili e riconoscibili.
Ogni protagonista vive un disagio piccolo o grande, sia che sia un umile cameriere con la passione del baseball( vero sogno e rifugio degli americani del tempo, citato poi realmente da Kennedy nel suo discorso finale ) oppure una ricca cantante , o una estetista in crisi tradita dal marito ( Demi Moore e Sharon Stone nell'ordine sono bravissime ), simboleggiando la speranza per il nuovo possibile futuro. La chiave di lettura che usa Estevez per il suo film e' dato dal discorso delle scarpe , dove Helen Hunt ,dopo una difficile scelta delle calzature adatte , dice chiaramente che “ Camminare con le scarpe nuove e' difficoltoso “ e il marito Martin Sheen le risponde “ Si, ma sono bellissime”.Scarpe che poi dopo la tragedia cadono dai piedi , scarpe che nell'ultima foto celebrazione dei titoli di coda non ci sono con un giovane Bob scalzo che sulla spiaggia guarda mare e orizzonte. Le nuove scarpe non esisteranno più con il filo della vita di Bobby interrotto.
Un bel lavoro veramente,che commemora e non enfatizza, propone vari temi interessanti con una regia onesta che sapendo e riconoscendo i propri limiti sceglie una costruzione limitata nei luoghi della vicenda per meglio gestire il tutto ( il film si svolge quasi interamente nell'albergo),con il grande pregio di riuscire a non far cozzare ma convivere tante star bilanciando sapientemente ruoli e presenze.

gia' pubblicata qui...
tvzone

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 21-01-2007 13:57  
avevo già letto la critica di Petrus, e la trovo ottima.
Io ho scritto quanto segue:

Chissà se Robert Altman prima di passare a miglior vita avrà fatto in tempo a vedere “Bobby” di Emilio Estevez. Si perché questo film corale presentato a Venezia 2006, ma rimontato successivamente per l’uscita nelle sale, sembra proprio un suo lavoro. Non il più riuscito, non con quei suoi preziosismi, lunghi piani sequenza cui il grande Bob ci aveva abituati e che raccordavano i tanti personaggi in un’unica scena, ma senza dubbio è un film alla sua maniera.

Che è un modo di dire senza parlare, lasciare che le riflessioni, il senso del film, emergano piano piano, senza urla o passaggi didascalici che giustifichino agli occhi del più pigro spettatore la ragione dell’opera. I ventidue personaggi dell’Hotel Ambassador, che Estevez segue il giorno dell’omicidio dell’allora senatore, e probabile candidato dei democratici alle elezioni presidenziali, Bob Kennedy, sono infatti cittadini comuni, uniti solo dal fatto che vivranno insieme quella tragedia. Il filo rosso però è quello che coinvolgeva chiunque altro, ovvero la guerra del Vietnam. Uno sfondo che è continuamente protagonista nelle parole, nei sogni e nelle scelte di tutti i personaggi. Riferimenti all’attualità? Certamente. Ma i discorso sulla violenza di Bob Kennedy che apre e chiude il film è anche una riflessione sul razzismo (fu infatti pronunciato all’indomani dell’omicidio di Martin Luther King), sul significato di America, non solo Istituzione, ma anche come realtà sociale e civile. Ciò non toglie che alla base del film di Estevez ci sia la volontà di parlare dell’oggi. Non sono casuali battute come: I ragazzi tornano dentro sacchi di plastica che tutti interi; oppure: Finchè qualcuno non mi spiega perché siamo laggiù io non so cosa farò..; ed altre ancora E francamente, che si sia d’accordo o meno col punto di vista di Estevez, ben venga un film realizzato perché se ne sentiva la necessità. Estevez non solo ci parla di uomini impauriti dalla guerra, di esigenza di cambiamento, di spogli elettorali californiani, di integrazione sociale, ma anche di un vivere quotidiano che oggi sembra lo stesso di quaranta anni fa: tradimenti, la depressione, amori in caffetteria, la vecchiaia che avanza e che trasforma in pensionati con troppo tempo libero, vedi un messicano sottopagato che oggi ha magari le sembianze di un cingalese, o di un filippino. Le tante storie mantengono ferma l’eco vietnamita, ma si costruiscono anche in modo autonomo, ciascuna con il proprio spunto drammaturgico. Episodi intensi che Estevez gestisce perfettamente sia nei tempi che nel ritmo, con alcuni azzeccati duetti come quello tra il cuoco Laurence Fishburne e il messicano aiuto cameriere, o tra la moglie Sharon Stone e il marito adultero William H-Macy. Tutto questo senza perdere di vista anche la necessità di sdrammatizzare a tratti un film che altrimenti potrebbe apparire troppo pesante, non solo con i trip dei due aiutanti alla campagna elettorale che provano per la prima volta LSD, ma anche con l’autoironia di una Demi Moore che confida a un’imbruttita (per copione) Sharon Stone le difficoltà cui va incontro una cinquantenne per mantenere l’appeal di un tempo (nel ricchissimo cast figurano gli attuali compagni: rispettivamente Ashton Kutcher e Christian Slater). Ne esce un film ricchissimo, denso, che fa un perfetto utilizzo del materiale storico, della Storia stessa, per parlarci di un ieri proiettato nell’oggi, con quel lungo finale (gli uomini passano, le parole no) che ci fa uscire turbati dalla sala.

Magari il film non lo si sarà capito in tutti i suoi molteplici aspetti (politici, tecnici, narrativi, o semplicemente glamour), ma molto passa dallo schermo verso lo spettatore. Come passava con il grande Altman.


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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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Igraine

Reg.: 15 Nov 2006
Messaggi: 1223
Da: Cremona (CR)
Inviato: 27-01-2007 17:09  
4 giugno 1968. Si stanno svolgendo le elezioni per le primarie democratiche in California, un test decisivo per la corsa verso la candidatura per la Presidenza degli Stati Uniti. Le ore di quella giornata scorrono verso la speranza di una possibile vittoria di Bob Kennedy sull'avversario McCarthy. Si chiuderanno nelle prime ore del 5 giugno con i colpi di pistola sparati da Sirhan Sirhan che stroncheranno non solo la vita di un uomo ma le speranze di quell'America che vuole uscire dalla follia della guerra nel Vietnam.

Questo evento altro non è che uno dei più significativi e toccanti della storia americana del XX secolo, un avvenimento che è entrato a far parte di tutti i libri di storia.
Ma in questo caso il regista Emilio Estevez non si è posto come obiettivo quello di raccontare la campagna elettorale di Robert Kennedy ponendolo come protagonista, bensì di raccontare il “sogno americano” e mostrare il ritratto di una società che vede nel candidato Kennedy la speranza per un mondo nuovo e migliore e che pone in lui tutta la fiducia di cui dispone.
E il risultato che ne esce è davvero ottimo, un intrecciarsi di storie all'apparenza diverse tra di loro ma che viste con un occhio più indagatore ti fanno capire il bisogno che gli americani avevano alla fine degli anni '60 di essere rassicurati e capiti fino in fondo.
E l'obiettivo non è quello (come in molti potrebbero pensare) di creare una sorta di "mito" intorno alla famiglia Kennedy, semplicemente Estevez vuole far riflettere ognuno su come le figure che effettivamente cercano di capire e risolvere i problemi che stanno alla base di una società, ritenute sempre "scomode", vengano eliminate perchè risolvere i problemi reali, quelli della gente, non fa mai comodo a nessuno.
E infine bisogna per forza menzionare anche l’eccezionale cast, ricco di grandi attori, da Antony Hopkins a Demi Moore, da Elija Wood a Christian Slater. Tutti impegnatissimi nei loro ruoli di cittadini americani che nonostante le differenze nel condurre le loro esistenze, sono accomunati da un unico spirito di libertà e voglia di cambiare.

Insomma, a me il film è piaciuto davvero molto, consiglio caldamente di andare a vederlo anche a chi non la pensa come Kennedy, in quanto questo film non parla solo di politica, ma al suo interno il messaggio è più profondo: in una società non si può estirpare la violenza usando altra violenza; il dialogo e la comprensione reciproca stanno alla base di una società migliore. E come ha detto Kennedy “Sono convinto che possiamo lavorare tutti insieme. Siamo un grande paese, un paese altruista e compassionevole".


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... e sedetti sotto un albero, piegai le ginocchia e mi presi la testa tra le mani come l'elfo addolorato di una fiaba ...

SCELTI DALLE TENEBRE

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Mayapan

Reg.: 17 Nov 2006
Messaggi: 932
Da: milano (MI)
Inviato: 27-01-2007 20:58  
Film ben fatto secondo me. Estevez è riuscito a mostrare in un paio d’ore quanto è accaduto nelle ultime fasi della vita del candidato Bob Kennedy.

In particolare, in un clima di grande attesa e preoccupazione di tutte le persone che credono in lui, il film ci porta a conoscere le vicende di molti dipendenti dell’hotel Ambassador (luogo di ambientazione del film) e componenti dello staff di Kennedy: con le loro preoccupazioni e i loro problemi (piccoli o grandi ma comunque comuni a molti americani dell’epoca) a fare da sfondo ad una giornata poi entrata amaramente nella storia.
Un film nel quale la politica ed una critica abbastanza pesante all’intervento americano in Vietnam (ed anche qualche riferimento all’America di oggi...) si sovrappongono a storie qualsiasi di cittadini qualsiasi o quasi: un giovane cameriere messicano con la passione per il baseball, una parrucchiera (cornuta e anche profondamente delusa dalla sua vita di coppia), una star alcolizzata, 2 ragazzi aiutanti alla campagna elettorale che cercano negli acidi un po’ di sballo o qualcosa che nemmeno loro bene sanno, 2 ragazzi innamorati (la ragazza disposta a sposare il suo ragazzo anche solo per ‘fargli evitare’ il Vietnam) che devono resistere tra le altre cose alle opposizioni del padre di lei, storie di tradimenti, depressioni...
Gente desiderosa di una cambiamento nella propria vita e che vede nella elezione di Kennedy una possibilità di riscatto.
Azzeccata anche la scelta di distribuire qua e la nel film degli spezzoni di dichiarazioni di Kennedy, di suoi interventi pubblici anche nelle scuole. Interventi dai quali appare che i problemi dell’America di allora non erano poi completamente diversi da quelli dell’america di oggi. Il tutto interpretato in ottimo modo da una cast di stelle(giovani e vecchie).
Nel film sono anche presenti diverse scene dense di significato, come il battibecco tra un messicano e lo chef di colore, o la scena nella quale lo stesso cuoco mostra profonda gratitudine nei confronti di un cameriere che gli regala il biglietto per una partita di baseball (dei Dodgers) a dir poco fondamentale per lui. Partita alla quale il ragazzo è costretto a rinunciare perché quella sera deve lavorare, e il lavoro gli serve per sopravvivere.
Episodio che si conclude poi con la frase del cuoco di colore (riferimento a re Artù ma anche a Martin Luthr King):

‘Tu sei un giovane re’ e con la scritta sul muro bianco della cucina: ‘The once and young man’

con la quale vuole far capire al giovane che una possibilità di riscatto esiste anche per lui. Parole che poi si rivedranno nella fase finale del film, dopo l’assissinio di Bob Kennedy.
Altra scena che rimane impressa, come già detto da qualcuno, è sicuramente quella dell’apertura dell’armadio nella stanza del ‘fornitore di acidi’.
In definitiva un bel film che propone senz’altro allo spettatore diversi temi, diversi spunti di riflessione grazie alle tante storie che racconta e alle parole di Bob Kennedy (come il discorso sulla violenza che apre e chiude il film), senza però cadere nell’errore di volerci raccontare ‘tutto’ quello che accadde, ma solo uno spaccato delimitato nello spazio e nel tempo (poche ore, pochi luoghi: qualche stanza d’hotel) e con un numero limitato di personaggi.

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Quando capita, so che mi sento diverso

[ Questo messaggio è stato modificato da: Mayapan il 27-01-2007 alle 21:01 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Mayapan il 27-01-2007 alle 21:13 ]

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eltonjohn

Reg.: 15 Dic 2006
Messaggi: 9472
Da: novafeltria (PS)
Inviato: 28-01-2007 11:56  
Bel film corale,che ricorda un pò lo stile di Altman,motivatissimo dal punto di vista dell'impegno ma forse un pò troppo lento e noiso nella parte finale.

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Nublar

Reg.: 01 Feb 2007
Messaggi: 304
Da: Piacenza (PC)
Inviato: 06-02-2007 23:01  
quote:
In data 2007-01-27 17:09, Igraine scrive:
4 giugno 1968. Si stanno svolgendo le elezioni per le primarie democratiche in California, un test decisivo per la corsa verso la candidatura per la Presidenza degli Stati Uniti. Le ore di quella giornata scorrono verso la speranza di una possibile vittoria di Bob Kennedy sull'avversario McCarthy. Si chiuderanno nelle prime ore del 5 giugno con i colpi di pistola sparati da Sirhan Sirhan che stroncheranno non solo la vita di un uomo ma le speranze di quell'America che vuole uscire dalla follia della guerra nel Vietnam.

Questo evento altro non è che uno dei più significativi e toccanti della storia americana del XX secolo, un avvenimento che è entrato a far parte di tutti i libri di storia.
Ma in questo caso il regista Emilio Estevez non si è posto come obiettivo quello di raccontare la campagna elettorale di Robert Kennedy ponendolo come protagonista, bensì di raccontare il “sogno americano” e mostrare il ritratto di una società che vede nel candidato Kennedy la speranza per un mondo nuovo e migliore e che pone in lui tutta la fiducia di cui dispone.
E il risultato che ne esce è davvero ottimo, un intrecciarsi di storie all'apparenza diverse tra di loro ma che viste con un occhio più indagatore ti fanno capire il bisogno che gli americani avevano alla fine degli anni '60 di essere rassicurati e capiti fino in fondo.
E l'obiettivo non è quello (come in molti potrebbero pensare) di creare una sorta di "mito" intorno alla famiglia Kennedy, semplicemente Estevez vuole far riflettere ognuno su come le figure che effettivamente cercano di capire e risolvere i problemi che stanno alla base di una società, ritenute sempre "scomode", vengano eliminate perchè risolvere i problemi reali, quelli della gente, non fa mai comodo a nessuno.
E infine bisogna per forza menzionare anche l’eccezionale cast, ricco di grandi attori, da Antony Hopkins a Demi Moore, da Elija Wood a Christian Slater. Tutti impegnatissimi nei loro ruoli di cittadini americani che nonostante le differenze nel condurre le loro esistenze, sono accomunati da un unico spirito di libertà e voglia di cambiare.

Insomma, a me il film è piaciuto davvero molto, consiglio caldamente di andare a vederlo anche a chi non la pensa come Kennedy, in quanto questo film non parla solo di politica, ma al suo interno il messaggio è più profondo: in una società non si può estirpare la violenza usando altra violenza; il dialogo e la comprensione reciproca stanno alla base di una società migliore. E come ha detto Kennedy “Sono convinto che possiamo lavorare tutti insieme. Siamo un grande paese, un paese altruista e compassionevole".






Scusate, ho un dubbio. Ma in questo topic si postano i propri commenti e opinioni sui film oppure non si fa altro che eseguire dei volgari ''copia e incolla'' da recensioni fatte da altri su altri siti? Ovviamente non sto assolutamente generalizzando, la domanda mi è venuta leggendo il post quotato.vedi

_________________
Alcune delle cose più tremende che si possano mai immaginare sono state fatte con le migliori intenzioni.

Mokambo!

[ Questo messaggio è stato modificato da: Nublar il 06-02-2007 alle 23:02 ]

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 07-02-2007 09:01  
tana
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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LothLaurel

Reg.: 25 Feb 2004
Messaggi: 1261
Da: Scafati (SA)
Inviato: 07-02-2007 14:56  
Mi è piaciuto molto, condivido il giudizio di chi lo ritiene un film corale e non celebrativo.
La carrellata di star di prima grandezza mi ha fatto sorgere un dubbio: che abbiano ridotto i propri cachet per testimoniare in un film politically correct?

_________________
Clive Owen mi fa sbroccare!!!!!!!!!!!!
E smettetela di dire che sono un uomo!

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Burton83

Reg.: 10 Gen 2007
Messaggi: 194
Da: Castelleone (KR)
Inviato: 08-02-2007 13:28  
Questo film è fantastico .
_________________
L'odio non porta proprio da nessuna parte

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Valshar160


Reg.: 18 Gen 2007
Messaggi: 70
Da: Pisa (PI)
Inviato: 08-02-2007 16:06  
quote:
In data 2007-01-28 11:56, eltonjohn scrive:
Bel film corale,che ricorda un pò lo stile di Altman,motivatissimo dal punto di vista dell'impegno ma forse un pò troppo lento e noiso nella parte finale.



Grande eltonjohn, mi è piaciuto un sacco anche a me ma in effetti nella parte finale mi è parso un pò troppo noiosetto, questo comunque è stato l'unico difetto che ho riscontrato!

[ Questo messaggio è stato modificato da: Valshar160 il 08-02-2007 alle 16:07 ]

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Nublar

Reg.: 01 Feb 2007
Messaggi: 304
Da: Piacenza (PC)
Inviato: 08-02-2007 21:49  
Anche a me è piaciuto un sacco. Il cast poi è fenomenale.
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SE, SE LA VERITà è CHE LA GENTE è APATICA. A NESSUNO FREGA NIENTE DI NIENTE.
<<FANCULO AI PREGIUDIZI, ALL'IGNORANZA DIFFUSA, FANCULO ALLA FALSITà E AL PERBENISMO>>

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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 13-02-2007 13:30  
demi moore...non ho parole..demi moore ragazzi,davanti allo specchio,una delle sequenze più belle.la sua interpretazione migliore.solo questo vale il prezzo del biglietto di un gran bel film
_________________
"tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 09-01-2008 02:45  
Mi scuso per il mio post.so che a molti di voi infastidisce questo modo telegrafico-adolescenziale che ho,ma cazzo come e' possibile evitare di parlare di un simile capolavoro?la definizione e' spesso abusata,ma questo e' una pietra miliare,una rivoluzione nel la maniera di raccontare la Storia al cinema,una fusione perfetta tra documento e finzione,quando pareva che dovessero restare separati,come il fondale e la scena,si uniscono con una ferocia e una crudezza inauditi.non si puo' descrivere cosa da solo significhi quello shot(dio i dopi sensi dell'inglese) con la morte in macchina e quel sangue sulla camera,capace di dispiegare meglio di mille carrelli la storia del cinema come pulsione omicida verso la realta'.e poi quell'ultimo quarto ora di stupenda estasi sadica,dove la potenza devastante della techne cinematografica distrugge e annichilisce l'anima etica dello spettatore,ne annulla la costruita credulita'.personalmente durante quegli atroci minuti ho pianto lacrime autentiche,perche non potevo pensare che quella sequenza fosse bellissima,senza ricordare che un uomo era li per morire.ecco,in questo corto circuito tra realta travestita da finzione e finzione ad un passo dal divenire realta',Storia.e pensare che stavo maturando l'idea di abbandonare la cinefilia.che idiota.

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